Cane da caccia sepolto vivo

Due orrende scoperte alle quali forze dell’ordine e magistratura delle Procure di Santa Maria Capua Vetere e di Torre Annunziata deve trovare e punire i responsabili. La prima, a Recale, settemila abitanti a poca distanza da Caserta. Il cane, un setter, quindi un cane da caccia, è stato trovato in una profonda buca che avevano chiuso con un coperchio, scavando la fossa in una piantagione di tabacco, vicino a via Salk. L’autore del gesto ne ha commesso un altro ancora più incomprensibile: sulla “tomba” ha deposto un mazzo di fiori e un’immagine di Padre Pio. Il cane è stato trovato in fin di vita e un veterinario dal quale una volontaria animalista, che ha preso a cuore la vicenda e le sorti del povero cane, ha posto fine alla sua agonia “addormentandolo”, come pietosamente si dice nel gergo di chi si occupa di animali.

Incomprensibile fino a un certo punto. Perché due sono i casi: o è un macabro scherzo, e ridere della sofferenza di tutti gli esseri viventi, uomini o animali, non può essere altro che una forma di grave degenerazione. Oppure la cosa è diversa, e allora bisognerebbe rifletterci su un altro modo. Si trattava di un cane da caccia, razze che vengono maltrattate anche più di altre, perché spessp vittime dell’ignoranza dei cacciatori, che li rinchiudono in piccolissimi spazi credendo che così “siano più motivati a cacciare”, e che, quando non sanno farlo, non esitano a sopprimerli in maniera tutt’altro che indolore (bastonate in testa, proiettili e addirittura colpi di fucile a pallini, che molte volte non determinano la morte dell’animale, ma disabilità e malattie che li accompagnano fino alla morte; oppure li abbandonano a vagare nei campi finchè qualcuno non li ritrovi o li segnali). “Mala-razza”, suo malgrado, dunque, quella del cane da caccia, alla quale il destino non è quasi mai benigno, se finisce in mani cattive. Ma c’è un ma. Il cane era in fin di vita, non sappiamo se per la situazione nella quale l’avevano costretto, in fondo a una fossa, e non sappiamo da quanto tempo, senza bere (ai cani basta poco a star male, se sono disidratati) e senza essere nutriti. Se poi sono ammalati e restano senza cure, allora è ancora peggio.

Qui però arriva la riflessione: un cane può ammalarsi e necessita di cure. Abbandonarlo senza cure è reato, come è reato abbandonare una persona, senza le dovute cure. E in questo caso non c’è dubbio alcuno: chi ha abbandonato in fondo a una fossa un cane che stava già male in precedenza (ma stiamo procedendo per supposizioni, perché non abbiamo un’autopsia, e speriamo che ci sarà) è responsabile del reato ai sensi della legge n. 189 del luglio del 2004 “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali”, sarebbe stata violazione all’articolo 544 bis del Codice penale, quindi uccisione di animale, se il cane fosse stato trovato morto, e fosse stato accertato che a cagionarne il decesso fosse stato qualcuno. Mettiamo però che il cane fosse affetto da una malattia: curarlo con farmaci veterinari, perché il medico degli animali non può prescrivere medicinali destinati agli umani – costa un botto. Un ricovero arriva a costare 40 euro al giorno, più di un bed & breakfast. Un intervento può arrivare a diverse migliaia di euro perché una sterilizzazione – che è l’operazione più comune e frequente – supera i 100 euro. Le Asl sono gratuite, ma funzionano solo per i randagi. Chiaro che i cani padronali, di cui c’è un boom per le mode “del cane al guinzaglio o in borsetta”, patiscono il disastro economico. Non sarà mai una giustificazione, sia ben chiaro. Ma gioca anche questo, nel far finire gli animali soppressi o, peggio, in fin di vita in una fossa. Le indagini, come si vede, per capirci qualcosa, sono d’obbligo. Ma una riflessione sui costi raggiunti dalle spese veterinarie per chi ha un animale, è altrettanto opportuna.

Diverso è il caso dei cuccioli ritrovati in diverse occasioni alle Sette Scogliere di Rovigliano, a Torre Annunziata. Quella zona ha una consuetudine con gli orrori a danno degli animali. Quasi 40 anni fa il figlio di un boss locale si divertiva a tagliare la testa a cani e gatti esponendole poi sulle picche, come le popolazioni non evolute, nelle campagne tra Pompei e Torre Annunziata. I profiler direbbero: “Ha un imitatore”, tanti anni dopo. O forse è il sadismo che accomuna i responsabili di questi gesti. I primi due cani trovati senza testa, sono stati seppelliti e nessun esame autoptico è stato richiesto. Al terzo ritrovamento i volontarin animalisti si sono decisi. Anche un minimo indizio può essere decisivo per trovare i responsabili. La Procura di Napoli Nord, con il suo capo Franco Greco, sta agendo contro chi abusa dei diritti degli animali. Ma il Codice penale è unico per tutte le Procure. Gli altri di sicuro faranno altrettanto. Non come accadde per la mattanza di cani con l’accetta a Pimonte, ai piedi del Faito, reati gravi non solo per chi ama gli animali, che purtroppo sono rimasti impuniti.

Fonte Repubblica

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